Warning: Cannot modify header information - headers already sent by (output started at /var/www/html/ognigiorno.com/wp-content/plugins/math-comment-spam-protection/math-comment-spam-protection.php:1) in /var/www/html/ognigiorno.com/wp-includes/feed-rss2.php on line 8 Featured – OgniGiorno.com https://www.ognigiorno.com insieme tutti i giorni Tue, 03 May 2011 12:07:37 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.9 Costruire un compressore https://www.ognigiorno.com/2009/04/12/costruire-un-compressore.html https://www.ognigiorno.com/2009/04/12/costruire-un-compressore.html#respond Sun, 12 Apr 2009 21:06:13 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=284 Riciclare un vecchio frigorifero e convertirlo in compressore. Un compressore è molto utile per chi ha il piacere (o il dovere) di fare qualche lavoretto: dal modellista che utilizza l’aerografo, per gonfiare le ruote della macchina, verniciare a spruzzo, pulire spruzzando acqua o aria, gonfiare canotti, gommoni o pallincini, utilizzare utensili pneumatici (ad aria compressa),… insomma: di utilizzi ce ne sono parecchi.
Ormai se ne trovano in commercio anche a poco, ma hanno due svantaggi che li rendono davvero scomodi: il primo è l’ingombro, il secondo (e peggiore, per quanto mi riguarda) il rumore che fanno! Sono davvero molto fastidiosi, che in casa non è pensabile utilizzarli, se non in casi davvero eccezionali.
Se vogliamo un compressore silenzioso lo paghiamo diverse centinaia di euro e per impieghi non professionali è una spesa non giustificabile.
Vediamo allora come costruirne uno con pochissimi euro, utilizzando il compressore di un vecchio frigorifero. Il risultato è un compressore che non ha nulla da invidiare ai più costosi di tipo professionali. Quanto rumore fa? Lo stesso che fa il nostro frigorifero.

La teoria

Prima di passare alla realizzazione pratica, vediamo come funziona e come è composto un compressore d’aria.
Ho schematizzato nel disegno le parti che lo compongono col duplice scopo di descriverlo e utilizzarlo come progetto per la costruzione.

compressore
L’elemento principale è il motore, il compressore vero e proprio. Senza entrare in dettagli non utili ai fini della costruzione, si tratta di un motore con due tubi: uno da cui aspira aria e l’altro da cui la soffia. Al tubo di ingresso è solitamente applicato un filtro, per evitare che polvere o altro sporco entri nel motore. Il tubo di uscita pompa l’aria in un serbatoio. La valvola di non ritorno serve per evitare che dal serbatoio l’aria refluisca indietro e si svuoti o, peggio, danneggi il motore.
La valvola di sicurezza è una speciale valvola che si apre al superamento di una pressione limite. È molto importante utilizzarla per prevenire incidenti: l’aria ad alta pressione (Tipicamente si regola a 8 atmosfere) può fare danni davvero grossi ed è molto pericolosa! Va considerato che la pressione all’interno di un recipiente sale con l’aumentare della temperatura, quindi una valvola permette di tutelarci da aumenti di pressione anche in nostra assenza. Visto che costa meno di tre euro e si trova in un qualsiasi ferramenta, consiglio di acquistarla per prima, almeno siamo sicuri di utilizzarla fin dai primi esperimenti.
Il pressostato è un interruttore che viene controllato dalla pressione. La sua funzione è quella di regolare il funzionamento del compressore e garantirci di avere sempre aria compressa nel serbatoio. È un dispositivo che, quando sente una pressione maggiore di quella impostata, interrompe il circuito al motore, per riaccenderlo quando la pressione scende sotto un valore soglia.
Infine il riduttore di pressione in uscita serve per controllare la pressione disponibile all’attacco del compressore. Tramite questo riduttore si regola, esattamente come con il rubinetto dell’acqua, la forza e la velocità con cui esce l’aria dal serbatoio.
Il serbatoio è il contenitore che contiene l’aria compressa. Svolge la funzione di serbatoio e la sua capacità, che si misura in litri, indica l’autonomia, ma anche il tempo che dobbiamo aspettare per avere l’aria compressa a disposizione. Avere un serbatoio, anche piccolo, ci permette di avere un flusso d’aria più regolare. Il motore, pompando aria, soffia “a scatti” e questo può dar fastidio per alcuni impieghi (per esempio per l’aerografo). Se interponiamo un serbatoio tra il motore ed il rubinetto di uscita, sfruttiamo la sua capacità per eliminare gli sbalzi.

Un’alternativa.

A seconda dello scopo per cui ci serve il compressore, possiamo optare per un compressore “senza serbatoio”. Se per esempio vogliamo un compressore solo per gonfiare le gomme, possiamo realizzarlo in una versione minimale, che esclude (o riduce al minimo) il serbatoio.
Questa versione minimale è costituita da motore, valvola di sicurezza, valvola di non ritorno e rubinetto d’uscita. Ho parlato di serbatoio ridotto al minimo, perché la sua funzione la svolge comunque il tubo prima del rubinetto. In questo modo abbiamo comunque eliminato gli scatti dell’aria. La valvola di sicurezza continuerà a soffiare, ma le gomme le gonfiamo senza problemi. Spesa totale meno di 10 euro, tempo di realizzazione poco più di un’ora.

E adesso al lavoro!

compr_frigorifero

Dobbiamo individuare il frigorifero da cui recuperare il motore (ci sta già venendo voglia di cambiare il nostro?). In questo periodo in cui ci sono molti incentivi per l’efficienza energetica sono in molti a comprarlo, magari ci capita qualcuno che conosciamo. Il motore è una boccia nera (foto) visibile sul retro, in basso. Per recuperarlo dobbiamo svitare le quattro viti che lo tengono fisso sul fondo e segare i due tubi che portano alla serpentina. Con il Dremel è un lavoro di 5 minuti, a mano ci vuole un po’ di più.
Vanno poi tagliati i cavi elettrici (a spina staccata, ovviamente!)
Dobbiamo poi recuperare il serbatoio. Abbiamo molte alternative, in funzione del budget, del tempo e del fatto che ci serva o meno. Possiamo comprarne uno in un brico, utilizzare quello del compressore rumoroso che abbiamo comprato e non possiamo più utilizzare, utilizzare dei tubi dell’acqua, …

Materiale necessario:

  • 20 cm di tubo di gomma per aria compressa
  • 3 fascette stringi tubo
  • 2 raccordi a T
  • 1 raccordo per tubo di gomma/filetto 1/4 di pollice
  • 1 valvola di non ritorno
  • 1 valvola di sicurezza
  • 1 gruppo pressostato con riduttore di pressione (come parti di ricambio si trovano blocchi compatti)
  • 1 rubinetto d’uscita
  • Nastro di teflon

valvola_non_ritorno

Il filtro dell’aria l’ho costruito con uno spezzone 5cm di tubo di gomma. Gli ho praticato tantissimi fori sulle pareti. Tramite la fascetta l’ho assicurato al tubo di ingresso, ricoperto da un pezzo di tessuto.
Come individuare il tubo di ingresso e quello di uscita? Accendiamo per un attimo il motore e, avvicinando il dito, da uno sentiamo soffiare (uscita), dall’altro sentiamo aspirare (ingresso).
Al tubo di uscita, sempre tramite fascetta, attacchiamo il tubo in gomma. All’altra sua estremità il raccordo. Adesso assembliamo i pezzi secondo lo schema, ricordandoci parecchi giri di teflon su tutti i filetti.
Mancano i collegamenti elettrici. Ho fotografato la morsettiera del compressore del frigorifero per facilitare il lavoro. Quando era al suo posto nel frigorifero, al motore arrivavano due cavi: uno collegato alla spina e l’altro al termostato. Il termostato non è altro che un interruttore che, controllato dalla temperatura interna del frigorifero, apre o chiude il collegamento. Eliminando il termostato abbiamo due alternative:

  1. sostituire il collegamento che andava al termostato con un nuovo collegamento che va al pressostato
  2. utilizzare come collegamenti elettrici quelli del termostato, come riportato nella foto

compr_collegamenti

Rifiniture

Il lavoro è finito. Adesso possiamo migliorarlo, montando il tutto su un’assicella di legno a cui applichiamo 4 ruote.
Possiamo dotare il compressore di più di un rubinetto di uscita, magari dotando ciascuno di un riduttore di pressione.
La fantasia (e la necessità) ci possono suggerire molte altre varianti, ricordiamo sempre di prestare attenzione alla valvola di sicurezza: se modifichiamo lo schema, inserendo per esempio rubinetti o qualcosa che crea più zone, dotiamo ciascuna di una valvola. In questo modo siamo sicuri di non rischiare scoppi.

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Duplicare un telecomando per cancelli a 433Mhz https://www.ognigiorno.com/2009/03/31/duplicare-un-telecomando-per-cancelli-a-433mhz.html https://www.ognigiorno.com/2009/03/31/duplicare-un-telecomando-per-cancelli-a-433mhz.html#respond Tue, 31 Mar 2009 08:20:51 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=256 Facendo sempre riferimento al post “come funzionano i telecomandi dei cancelli” per i dettagli sul metodo di codifica e decodifica e sul protocollo utilizzato, vediamo qui come copiare un telecomando, analizzando i due casi in cui abbiamo o no il telecomando originario.
Nella foto è visibile il circuito utilizzabile come “passepartout”, per inviare tutti i codici in sequenza.
passepartout

Come si può immaginare questo è il primo metodo: se non abbiamo il trasmettitore da clonare, tramite questo circuito che pilota un trasmettitore radio (Io uso i moduli Quasar) tramite un PIC (il 16F506 nel mio caso). Il PIC genera tutti i codici a 12bit e in meno di 15 minuti li invia tutti (vanno inviati per 3 volte consecutive per la decodifica).
Se il nostro scopo è costruire un radiocomando duplicato del primo, probabilmente è più efficiente interfacciare il circuito ad un computer (per esempio via seriale tramite RS232) per avere indicazione sul codice che viene effettivamente trasmesso.
Se accendo il circuito per strada, l’effetto (in realtà molto divertente) è quello di vedere tutti i cancelli aprirsi, fino a quando non si apre anche il mio.

Il secondo metodo consiste nel realizzare un decodificatore in grado di ricevere il codice inviato dal telecomando e visualizzarlo (possiamo usare un display o la solita seriale). Utilizzando un modulo ricevitore radio collegato al controllore si riesce ad ottenere il valore che deve essere ritrasmesso.
Se il trasmettitore è di quelli con i dip switch si può leggere il codice dalla posizione degli interruttori.
Lo schema pratico ed il codice sono allegati in questo post.

Tutto questo vale solo se lavoriamo con un radiocomando a codifica fissa. I rolling code funzionano in modo diverso, inviando un codice differente per ogni trasmissione.

Il costo di tutto questo è davvero irrisorio: i controllori costano meno di un euro (comprati dal sito Microchip) e i moduli Quasar costano circa 5 euro l’uno.

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Realizzare circuiti stampati a costo zero https://www.ognigiorno.com/2009/03/08/realizzare-circuiti-stampati-a-costo-zero.html https://www.ognigiorno.com/2009/03/08/realizzare-circuiti-stampati-a-costo-zero.html#respond Sun, 08 Mar 2009 17:00:51 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=63 Uno dei problemi più frequenti per chi si diletta nella realizzazione casalinga di circuiti elettronici è la produzione del circuito stampato. La bassa qualità del lavoro con metodi artigianali e il costo di apparecchiature professionali o semiprofessionali sono spesso causa di rinuncia in partenza. Il ripiego più frequente è l’utilizzo della basetta millefori, che ci costringe a lavorare parecchie ore su circuiti anche semplici, senza essere troppo certi del risultato. E poi… quando il circuito non funziona? La caccia all’errore è talmente faticosa, che ogni volta ci si ripromette di non caderci più.

Vediamo invece un metodo che ci permette di ottenere in poco tempo circuiti di buona qualità e molto precisi, tanto che io li utilizzo ormai sempre per montare componenti SMD. Ovvio: si tratta sempre di lavoro artigianale, realizzato con strumenti davvero “casalinghi”!

I risultati sono visibili nella foto:

csdispp

La semplicità, il costo praticamente nullo, la velocità di realizzazione e la qualità del risultato sono il punto forte di questo metodo.

Materiale necessario:

  • Basetta ramata (ovviamente!)
  • Carta patinata per stampanti a getto d’inchiostro
  • Acetone
  • Nastro adesivo
  • Stampante laser
  • Ferro da stiro
  • Bacinella d’acqua
  • Cloruro ferrico

Per prima cosa occorre disegnare il circuito stampato al computer con il nostro software preferito.

Una volta terminato il disegno, si stampa il circuito sulla carta patinata dalla parte lucida. Per i circuiti tradizionali (i componenti sul lato opposto al rame) non si deve ribaltare l’immagine. Per circuiti SMD, occorre ribaltare a specchio la stampa. Va bene anche la glossy, ma costa un po’ di più. Tra le varie prove che ho fatto, i risultati migliori li ho avuti con la carta patinata Epson 720dpi. In mancanza di stampante laser, si può anche fotocopiare il circuito. L’importante è ottenere il disegno con del toner sulla carta patinata.

Ritagliamo il circuito, lasciando qualche centimetro di margine per lato.

A questo punto dobbiamo preparare la basetta: va tagliata e pulita. Per la pulizia utilizzo acetone e una spugnetta abrasiva (di quelle gialle e verdi per lavare i piatti).

Il disegno del circuito va adesso assicurato alla basetta, in modo che il rame sia a contatto con la stampa. Per questo è comodo utilizzare il nastro adesivo di carta (quello che si usa quando si imbianca). Basta fissare due dei quattro lati sul retro, mettendo il nastro a cavallo tra la basetta e la carta.

Siamo adesso pronti per il trasferimento: appoggiamo la basetta con la carta rivolta verso l’alto su un supporto stabile. Se lavoriamo su un tavolo, meglio proteggerlo con qualche foglio di giornale.

“Stiriamo” letteralmente con il ferro da stiro la carta, interponendo un panno di cotone tra il ferro e la carta (una vecchia maglietta va benissimo). Il ferro da stiro deve essere regolato alla massima potenza e non deve produrre vapore. Va esercitata una discreta pressione, anche spostando il ferro da stiro. Senza mai staccare il ferro, questa procedura deve durare almeno 5/6 minuti.

Stirando ad alta temperatura il toner si stacca dal foglio e si trasferisce sul rame, creando la protezione contro la corrosione del cloruro ferrico.

Questa fase è quella che affineremo con la pratica: le prime volte i risultati potrebbero non soddisfarci, ripetendo l’operazione, capiremo sempre meglio come muovere il ferro per ottenere i risultati migliori.

La basetta va ora immersa in acqua e lasciata per diversi minuti, fino a che la carta non si stacca da sola (non so se avete mai staccato i francobolli dalle buste… è la stessa cosa).

Quando la carta è ormai sollevata, la stacchiamo con le mani e la puliamo sfregando con le dita eventuali residui bianchi.

Osserviamo attentamente il risultato, aiutandoci eventualmente con una lente di ingrandimento: sul rame deve essere stampato di nero il circuito, senza interruzioni nè imperfezioni. Se notiamo qualcosa che non ci piace, dobbiamo ripetere, ripulendo la basetta e stirando di nuovo. Io mi porto avanti stampando da subito più copie dello stesso circuito nel foglio, anche se mi è capitato pochissime volte di doverlo rifare.

Abbiamo praticamente finito: la basetta è pronta per essere immersa nel cloruro ferrico. Un’ora circa di immersione ed è pronto. Io solitamente lascio la basetta a galla, con il rame rivolto verso il basso. In questo modo si riducono leggermente i tempi e migliora la qualità del risultato finale. Il rame infatti precipita sul fondo, senza riappoggiarsi in altre zone della basetta.

incisione

Dopo aver effettivamente controllato che non è rimasto rame tra le piste nere, si lava la basetta sotto l’acqua. Il toner si toglie sempre utilizzando la spugna abrasiva e acetone.

cs

Abbiamo ottenuto in poco tempo un preciso circuito stampato.
Devo dire che da quando ho appreso questo metodo ho potuto ricominciare seriamente a dedicarmi all’elettronica. Sappiamo bene quanto è importante il circuito stampato per le nostre realizzazioni.
Per una buona finitura del lavoro, e per roteggere il circuito dall’ossidazione, dopo la saldatura conviene spruzzare sul circuito, lato rame, della lacca per capelli. Con questa si deposita una patina protettiva che allunga la vita al nostro circuito

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