Warning: Cannot modify header information - headers already sent by (output started at /var/www/html/ognigiorno.com/wp-content/plugins/math-comment-spam-protection/math-comment-spam-protection.php:1) in /var/www/html/ognigiorno.com/wp-includes/feed-rss2.php on line 8 fai da te – OgniGiorno.com https://www.ognigiorno.com insieme tutti i giorni Mon, 14 May 2012 20:41:55 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8.10 Costruirsi un banco fresa https://www.ognigiorno.com/2012/05/14/costruirsi-un-banco-fresa.html https://www.ognigiorno.com/2012/05/14/costruirsi-un-banco-fresa.html#respond Mon, 14 May 2012 20:41:55 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=1043 Read More »Costruirsi un banco fresa]]> Chi lavora il legno anche per hobby non può fare a meno di un banco per fresare con precisione.

Il principio è quello di invertire l’uso della fresatrice portatile: La fresatrice è fissa e si fa traslare il pezzo da lavorare.

La maggior precisione è data dal fatto che il pezzo di legno da fresare viene fatto muovere lungo una guida che, bloccata al tavolo, mantiene costante la distanza dalla fresa che ruota.

La fresatrice è fissa, in questo modo non ci sono inclinazioni che variano, nè le classiche imperfezioni date dal muovere l’utensile.

Realizzare un banco fresa non è un progetto particolarmente complesso dal punto di vista tecnico, va solo tenuto conto di alcune caratteristiche fondamentali, finalizzate principalmente alla comodità durante l’uso.

Per pima cosa non può mancare il sistema di sollevamento verticale. Il foro presente sulla piastra permette di spostare in alto e in basso la fresatrice, regolando di fatto l’altezza della fresa.

Per la realizzazione ho utilizzato una barra filettata da 8mminscatolata permantenerla fissa.

A questa viene avvitata una bussola, che altro non è se non un dado lungo.

Un foro sul centro di una faccia della bussola nel quale creo il filetto, permette di fissare questa ad una squadra di acciaio.

La molla presente nella fresatrce spinge questa verso il basso, facendo lavorare il carrello solo per quanto riguarda il solevamento e liberando il movimento naturale per l’abbassamento.

Qui di fianco si vede un particolare della barra filettata.

Per facilitare il movimento la barra è stata cosparsa di grasso

La squadra d’acciaio prende poi la fresatrice da sotto, come mostrato in figura

La guida viene fatta scorrere grazie a due slitte laterali nella quali ci sono due carrelli montati su sfere. Nel mio caso ho utilizzato dei pezzi recuperati dalle slitte di montaggio dei server nei rack.

Nella figura qui di fianco si vede anche l’interruttore utilizzato per l’accensione e lo spegnimento, altro accessorio indispensabile del nostro banco

Per far si che l’interruttore funzioni, è necessario bloccare in posizione il pulsante presente nell’impugnatura della fresatrice.

Per fare questo ho utilizzato uno strettoio

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Verniciare a spruzzo https://www.ognigiorno.com/2009/11/04/verniciare-a-spruzzo.html https://www.ognigiorno.com/2009/11/04/verniciare-a-spruzzo.html#respond Wed, 04 Nov 2009 12:47:27 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=367 Read More »Verniciare a spruzzo]]> gun

Impariamo ad utilizzare la pistola per verniciare a spruzzo, tutte le sue regolazioni e la tecnica per ottenere risultati strabilianti.

Partiamo dalla teoria sulla verniciatura per comprenderea fondo come utilizzarla al meglio con l’aerografo.

Qualche trucchetto per perfezionare la tecnica e ottenere risultati professionali anche a casa.

Iniziamo a capire come è fatta la vernice e come si pittura: darla a spruzzo è solo il metodo con cui la depositiamo sul supporto da verniciare, quindi tutta la teoria rimane invariata.

Come è fatta la vernice
Ritengo utile partire dalle basi per capire con cosa stiamo lavorando, per riuscire a utilizzare meglio il prodotto. Senza addentrarci in formule chimiche o dettagli non utili allo scopo, vediamo come è composta una vernice. Sono tutte uguali!
Fondamentalmente la vernice è una resina in cui sono disciolti altri componenti inerti che servono ad attribuire alcune caratteristiche particolari.
La resina è il componente principale che fa da “collante” a tutto: si lega con la superficie a cui deve e solidifica formando una patina sottile e resistente che incorpora gli altri componenti.
La resina è mischiata a solventi che la mantengono in uno stato fluido per facilitarne la stesura. Evaporando, i solventi, permettono la solidificazione della resina.
Le caratteristiche della resina ed il tipo specifico di solvente sono la caratterizzazione principale della nostra vernice.
Ogni resina ha il suo solvente: acqua, olio, nitro, poliuretanico, …

Alcune resine sintetiche vengono realizzate in modo da avere una caratteristica di particolare resistenza ad essicazione avvenuta. Proprio per questa caratteristica rischierebbero di solidificare troppo in fretta (anche nel barattolo). Sono stati quindi separati gli “indurenti”, realizzando così di fatto un prodotto bi-componente. La resina ed il catalizzatore. Le vernici bi componenti sono quindi caratterizzate da una resina che non indurisce se non con l’aggiunta di un prodotto specifico. Si tratta di una reazione chimica ben precisa, in cui è importante che ciascuna molecola di resina reagisca con le opportune molecole di catalizzatore. Per questo motivo le proporzioni in cui devono essere miscelati i due componenti devono essere indicate e precisamente rispettate.
Tra i componenti inerti che fanno parte della vernice giocano un importante ruolo i pigmenti che servono per fornire colore alla miscela.
Altre sostanze possono essere riempitivi, plastificanti, metallizzanti, buccianti, martellanti, … e servono per realizzare particolari caratteristiche alle vernici.

Il “ciclo” di verniciatura
Si parla di ciclo di verniciatura riferendosi alla sequen za delle fasi di lavorazione in relazione alle operazioni ed alle sostanze utilizzate.
stratiDi fatto ormai si lavora come schematizzato in figura, creando strati differenti sull’oggetto: il fondo e la (o le) finitura.
In questo modo si ottengono numerosi vantaggi.
Tanto per cominciare si riesce a rendere indipendente la finitura dal materiale, rendendo di fatto equivalente la verniciatura su legno, ferro, plastica o altro materiale.
Vengono anche ridotte le tipologie di prodotti da dover utilizzare: ogni strato deve preoccuparsi esclusivamente della compatibilità con lo strato sottostante.
Il fondo svolge funzioni di preparazione della superficie e permette un “aggrappaggio” dello strato successivo. Esistono fondi riempitivi che hanno un’azione “pre-stuccante”, fondi turapori per legno che permettono di ridurre l’assorbimento, antiruggine per metalli, …
Il fondo può essere trasparente o colorato. Il fondo colorato più utilizzato è quello bianco (per esempio la cementite). Di solito si utilizza il trasparente quando la colorazione successiva deve lasciare in evidenza le caratteristiche del supporto (per esempio se vogliamo le venature del legno a vista). Si sceglie invece quello coprente colorato se si intende coprire con uno smalto.

Il fondo è destinato ad essere completamente coperto, quindi solitamente si utilizza bianco. Se vogliamo invece facilitare la verniciatura successiva, possiamo tranquillamente colorare anche il fondo, evitando di avere anche il problema di nascondere il bianco. Va coperto, quindi possiamo chiedere al colorificio di realizzarlo dello stesso colore che utilizzeremo per la finitura, oppure utilizzare i pigmenti generici per arrivare ad un colore vicino a quello della finitura. Si può anche pensare ad un lavoro fatto da fondo della tinta corretta e finitura trasparente.

Dopo aver dato il fondo (una o due mani, indicato nelle specifiche del prodotto) si passa alla fase di stuccatura e carteggia tura. Lo stucco serve per coprire difetti della superficie (buchi, botte, gibolli, …) la levigatura per rendere liscia la superficie.
Questa è la fase più importante di tutto il lavoro. È quella che determina la riuscita di una buona verniciatura. Lo smalto o la vernice che si da dopo, infatti, non potrà coprire i difetti, ma al contrario, tende a metterli in risalto.
Per la levigatura si utilizza carta vetrata fine (da 400 a 1000) e si passa con un tacchetto di legno, per evitare le imperfezioni di prssione che si avrebbero passandola a mano.

Dopo una pulizia del supporto si può passare alla finitura. Avendo fatto un buon lavoro sul fondo, il lavoro va in discesa.
Quante mani dare e come comportarsi tra una mano e l’altra. Il numero di mani dipende molto dal prodotto e dalla finitura che desideriamo.
Per decidere come comportarsi tra due mani, dobbiamo considerare che cosa succede.
I solventi presenti nella vernice che si stende aderiscono allo strato inferiore sciogliendo leggermente la vernice e creando di fatto un strato compatto.
In base a cosa usiamo per verniciare (rullo, rullino, pennello, spruzzo) stabiliamo il tempo minimo che deve passare tra le due mani. Il pennello richiede tempi più lunghi perché c’è il rischio limite di rimuovere lo strato inferiore con la passata delle setole. Lo spruzzo permette anche il bagnato su bagnato: di fatto non crea problemi di rimozione.
Per il tempo massimo, va tenuto in conto del tempo di essicazione: la mano deve essere stesa su una vernice non completamente essicata, altrimenti lo scioglimento dello strato inferiore risulta difficoltoso o impossibile. Nel caso in cui passi molto tempo (o per una mano di restauro) dobbiamo levigare lo strato inferiore, per rimuovere la patina superficiale.

Terminata la verniciatura, a seconda del tipo di pittura, può essere necessario o consigliata una levigatura finale, lucidatura, …

Preparazione della vernice
Strano: la vernice va preparata! Anche se sul barattolo c’è scritto “pronta all’uso”, non fidarsi è sempre una buona regola.
A seconda de tipo di vernice, la preparazione è differente. In particolare abbiamo da distinguere tra mono e bi componente.
Se stiamo colorando una base bianca, la prima operazione è la miscela dei pigmenti per ottenere il colore. Questi vanno poi aggiunti al bianco per ottenere la colorazione e gradazione desiderate. L’ideale è realizzare il processo in modo che sia “ripetibile”, per esempio pesando la base e i pigmenti, in modo da essere sempre in grado di ottenre lo stesso colore. Se questo non è possibile, dobbiamo preparare in una volta sola tutto il quantitativo necessario.
Diluizione. Si aggiunge il diluente specifico per ottenere la densità corretta.
Catalizzatore. Per le bicomponenti va aggiunto il secondo componente. In questo caso la bilancia è indispensabile. Non vale l’occhio, il misurino, … i rapporti resina/catalizzatore sono una caratteristica chimica della resina: non si sgarra. Troppo catalizzatore causa grumi, essicazioni premature durante la fase di stesura, facilità di “sfogliarsi” della finitura. Poco catalizzatore porta a stendere un fluido che non solidificherà mai completamente.
Come si miscelano? Si legge sull’etichetta o sulla scheda tecnica. Se c’è scritto: “Catalizzare al 50%” significa che prendiamo 100g di base, aggiungiamo 50g di catalizzatore, per ottenere 150g di vernice, oltre al diluente che abbiamo aggiunto (va pesata prima!).

Quanto deve essere densa la vernice? Dipende da tanti fattori: come la stendiamo, caratteristiche ambientali (temperatura prima di tutto), spessore che vogliamo ottenere con uno strato, …
Cerchiamo di capire come si comporta la vernice, dopodiché il grado di fluidità lo troviamo: prendiamo un pennello risecchito, bagniamo la punta nello smalto e passiamo su una superficie liscia. La vernice forma le righe della pennellata, che lentamente tendono a sparire per formare una superficie liscia. Questo è il comportamento della vernice! È il motivo per cui non vediamo le pennellate (o almeno non dovremmo) sul prodotto finito. Variando la diluizione si agisce sulla viscosità e quindi sulla velocità con cui questo “spianamento” avviene. Più è fluida, più la velocità di spianamento è maggiore e lo strato di vernice depositato è sottile.
Gli eccessi si traducono in pennellate visibili a prodotto essicato e non copertura della mano inferiore.

La tecnica a spruzzo
Come dicevo, l’ho presa larga, ma finalmente ci siamo.
Penso però di aver fornito elementi per comprendere cosa sta dietro a consigli e tecniche e capire come muoversi.
Innanzi tutto che cosa significa verniciare a spruzzo: trasferire la vernice sul supporto soffiandocela sopra. Non ci sono pennelli, rulli, tamponi, …
Ogni metodo di trasferimento ha le sue caratteristiche da gestire: il pennello tende a lasciare le righe, il rullo tende a bucciare, … lo spruzzo tende a disperdere e disgregare le componenti della vernice. Lo spruzzo non permette di spostare la vernice, una volta depositata.
Cosa serve:

  • mascherina. La metto al primo posto. Lo spray genera molta polvere e particelle di vernice e solvente nell’aria. La mascherina è indispensabile. Va preferita una mascherina con filtro per il solvente che utilizziamo.
  • Chi porta gli occhiali e non vuole colorarli, deve dotarsi di mascherina per proteggerli
  • Compressore. Va scelto in base al lavoro tipico che si fa. Io utilizzo quello da me costruito e lo uso per verniciare praticamente tutto. Il serbatoio è da circa 25 litri (ex bombola del gas)
  • Pistola a spruzzo. Ce ne sono di tanti tipi. Serbatoio superiore, inferiore, HVLP, …

La pistola
La pistola a spruzzo permette di regolare una serie di parametri. Vediamo come fare per capire quali sono le regolazioni ottimali.

  • dimensione dell’ugello. Questo può essere variato solo sostituendolo. Si deve prendere un ugello adatto alla pistola, solitamente quelle economiche non hanno questa possibilità. La dimensione va scelta in base al tipo di vernice, in base cioè alle dimensioni delle particelle. Per un fondo coprente si andrà verso il 2 (1.7 – 2.0), per uno smalto si parte da 1.4. Per non spaventare a priori chi ha una pistola economica: un ugello da 1.5 ritengo che vada benissimo per tutti gli impieghi di un hobbista.
  • Pressione. Dipende da quanto è fluida la vernice. Diciamo che intorno ai 2 bar è ragionevole. 2.5, 3 sono valori ancora normali. Sopra no: se serve più pressione, c’è qualcosa che non va!
  • Mix aria/vernice. Si regola con l’apertura del grilletto. Il vitone posteriore serve per regolare il quantitativo di aria.
  • Ventaglio. Lo spruzzo può avvenire da puntiforme a lineare, con dimensione variabile. Questo dipende da cosa stiamo verniciando. Maggiore ventaglio chiede più aria, e quindi anche maggiore pressione.

Non ho mai verniciato a spruzzo e non so come deve essere il getto. Questa è una situazione ovvia per un hobbista. Investiamo 3 euro per una bomboletta spray economica. Con la nostra pistola dobbiamo poter verniciare allo stesso modo in termini di quantitativo di vernice e tipologia di getto.
Mi sembra un buon modo per capire come regolare la pistola.

La tecnica
Il pannello lo stendiamo piatto su dei cavalletti, utilizzando dei listelli per distanziarlo. In questo modo evitiamo che si sporchi la faccia rivolta verso il basso e che i bordi tocchino i cavalletti.

spraysidesSi parte dai bordi. Sono critici e chiedono più mani. Se li facciamo per ogni faccia, avremo dato il doppio delle mani.
Di fronte al pannello, con movimenti orizzontali paralleli a noi copriamo il pannello. Andiamo verso l’esterno: da noi ad allontanarsi. In questo modo lo spolvero viene allontanato e inglobato nella vernice.

spraydirection Diamo subito la seconda mano incrociata a 90 gradi. Questo permette di colmare eventuali vuoti lasciati nella prima.
Quando arriviamo al limite del pannello, spruzzare fuori, evitando il passaggio eccessivo nella zona perimetrale. Si creerebbero zone in cui il film di vernice sarebbe più spesso.

Quanto bagnato deve essere lo strato? Abbastanza: molto simile a quello che sarebbe utilizzando un pennello o un rullino. Non dimentichiamo che lo spruzzo è solo una tecnica di trasferimento, non qualcosa che prevede utilizzo di vernici diverse.

Cosa fare se rimane della polvere, un moscerino o altre impurità? Togliamo subito con un dito, o con un pennellino piccolo che ci teniamo nei paraggi. La vernice non è ancora solida: il segno che lasciamo si chiude, esattamente come sparirebbero le righe delle pennellate.

Se il bordo cola? Sempre con il pennello, eliminiamo le gocce. È più facile farlo da bagnato che con la carta vetrata dopo.

Un eventuale ritocco va fatto subito e non localizzato al punto da ritoccare, ma occorre ripetere una passata completa.

Pulizia della pistola.

È fondamentale e va fatta subito dopo il lavoro.

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Ritocchi alla carrozzeria https://www.ognigiorno.com/2009/09/04/ritocchi-alla-carrozzeria.html https://www.ognigiorno.com/2009/09/04/ritocchi-alla-carrozzeria.html#respond Fri, 04 Sep 2009 10:40:45 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=352 Read More »Ritocchi alla carrozzeria]]> Soprattutto in periodi ampiamente indicati come di crisi, è utile imparare a far da sé tutti quei lavori che, solitamente imprevisti, rappresentano spese importanti.
Purtroppo (come già discusso quando ho parlato della riparazione del fanale) le nostre auto parcheggiate in strada sono soggette a diversi danni, che colpiscono soprattutto la carrozzeria. Senza entrare nel merito delle motivazioni (dispetti, incidenti, …) ci troviamo ad un certo punto con la carrozzeria tanto rovinata (il tanto è soggettivo: a qualcuno infastidisce un solo graffietto, in altri casi deve trattarsi di un danno maggiore).

auto_dopo2La vernice metallizzata e la preoccupazione di non essere in grado di effettuare un buon lavoro ci conducono spesso dal nostro contentissimo carrozziere di fiducia.
Quello che vorrei illustrare in questo articolo è come invece effettuare da soli ritocchi anche importanti alla vernice della nostra carrozzeria. Parto purtroppo da una sorpresa trovata dopo aver tranquillamente consumato il pranzo in un fast food di Milano.
Dalla foto si vede che il graffio sulla portiera non è banale e che, oltre alla modanatura che ho riparato, il lavoro dovrà continuare.

Attrezzatura.
Il materiale necessario è di facile reperimento presso qualsiasi colorificio ed in particolare:

  • bomboletta di vernice dello stesso colore dell’automobile. Sul libretto di istruzioni è indicato dove trovare il codice colore da comunicare al colorificio. Con meno di 20 euro abbiamo la bomboletta
  • bomboletta di vernice trasparente per la finitura (6 euro)
  • carta vetrata di diverse granature: 240 600 e 1000 (70 centesimi a foglio)
  • pasta a brasiva (5 auro all’ipermercato)
  • Nastro adesivo di carta (1 euro a rotolo)
  • Giornali vecchi

La somma degli importi indicati rappresenta tutta la spesa che dobbiamo sostenere. Va aggiunto solo il costo dello stucco, se abbiamo anche una botta da riparare, ma non era il mio caso.

Il lavoro
La prima cosa da fare è proteggere la parte buona della carrozzeria. Serve per evitare che la vernice spruzzata con la bomboletta vada dove non deve. Per fare questo usiamo il nastro adesivo di carta e i giornali vecchi. Nel mio caso il auto_primacontorno era preindicato: la modanatura è una parte aggiunta e ho preferito ripassarla tutta. In caso di graffio isolato, dobbiamo lasciare scoperta una zona ampia intorno al danno da riparare. La zona deve essere abbastanza larga per evitare che la vernice nuova formi un gradino quando toglieremo il nastro.

Adesso, dopo una passata con acqua e sapone, con la carta vetrata da 240 levighiamo bene il graffio e il suo intorno. È la parte più dolorosa: la prima graffiata sulla carrozzeria da come la sensazione di levigare la propria pelle, ma passa…

A questo punti si può iniziare a spruzzare. Mano veloce, buona mira e si spruzza un sottile strato di vernice sul graffio e intorno. La mano asciuga in pochi minuti. Con la carta da 600 leggerissima e umida diamo una passata leggera. Altra mano e carta, così per 3 o 4 volte.

auto_durante

L’ultima la concludiamo con la carta da 1000 bagnata con lo scopo di lucidare. Ci fermiamo quando siamo soddisfatti del lavoro.

Terminata questa operazione abbiamo colorato la parte che sarà più opaca rispetto al lavoro finito.

Lasciamo passare un quarto d’ora e spruzziamo il trasparente. Anche in questo caso passata leggera e movimenti veloci. Asciuga in 10 minuti e seconda mano, terza e se serve quarta.

Possiamo iniziare a togliere il giornale e le protezioni varie. Lasciamo passare almeno un giorno e a questo punto possiamo utilizzare la pasta abrasiva (e se vogliamo il polish) per una lucidata finale.

Il risultato è tale da desiderare di riverniciare tutta la carrozzeria!!

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Come pilotare i servo con i PIC https://www.ognigiorno.com/2009/05/01/come-pilotare-i-servo-con-i-pic.html https://www.ognigiorno.com/2009/05/01/come-pilotare-i-servo-con-i-pic.html#respond Thu, 30 Apr 2009 23:22:53 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=337 Read More »Come pilotare i servo con i PIC]]> futaba_s3003_servoI servomotori (o servo) sono dei dispositivi molto utili per chi si diletta nella costruzione di robot e più in generale per tutte le realizzazioni che uniscono meccanica ed elettronica (spesso chiamata meccatronica o cibernetica). Si tratta in effetti di motori di precisione controllabili elettronicamente. Vediamo in questo articolo come funzionano e come fare per controllarli tramite microcontrollori.

Cosa sono i servomotori

In un piccolissimo contenitore racchiudono un motore, un riduttore ed il circuito che lo controlla. Il riduttore serve per aumentare la potenza disponibile. Il circuito permette di controllare la posizione del servo tramite impulsi inviati su un singolo filo.

I servo hanno infatti tre soli fili di collegamento. Si tratta di positivo e negativo di alimentazione e del filo di controllo (spesso erroneamente indicato come PWM).

Il rotore che esce dal corpo del servo (che può essere di plastica o metallico) ha collegata una croce che permette di utilizzarlo nelle costruzioni. Hanno solitamente liberta di movimento limitata a 180 gradi (mezzo giro). Smontandoli è possibile modificarli per eliminare questa limitazione e renderlo libero di girare 360 gradi come un motore normale.

Come si controllano

L’impulso di controllo serve per controllare la posizione, cioè per far muovere il rotore fino a che non raggiunge l’angolazione desiderata.

Il controllo è un segnale alto che si ripete a distanza di 20 ms, seguito dal livello basso. In base alla durata dell’impulso 1, il servo si posiziona tra 0 e 180 gradi.

Nel disegno è illustrato il meccanismo e la tabella di seguito riporta alcuni esempi (ogni costruttore porta delle leggere differenze)

sheetservo

Impulso di controllo Cavi di collegamento
Costruttore min. centro. max Hz + batt -batt impulso
Futaba 0.9 1.5 2.1 50 rosso nero bianco
Hitech 0.9 1.5 2.1 50 rosso nero giallo
Graupner/Jr 0.8 1.5 2.2 50 rosso marrone arancio
Multiplex 1.05 1.6 2.15 40 rosso nero giallo
Robbe 0.65 1.3 1.95 50 rosso nero bianco
Simprop 1.2 1.7 2.2 50 rosso azzurro nero

Le caratteristiche

Coppia: la forza che è in grado di esercitare. È espressa in kg/cm e indica quanti chili il servo è in grado di muovere per ogni cm di lunghezza del braccio (a partire dal perno di rotazione)

Velocità di rotazione. Espressa solitamente in gradi (o secondi) al secondo

Angolo di rotazione. Più diffusi servo che ruotano 180, ma ce ne sono che limitano a 90 o estendono a 270 il loro movimento

Tipo di ingranaggi: plastica o metallo. È indice della robustezza

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Costruire un compressore https://www.ognigiorno.com/2009/04/12/costruire-un-compressore.html https://www.ognigiorno.com/2009/04/12/costruire-un-compressore.html#respond Sun, 12 Apr 2009 21:06:13 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=284 Riciclare un vecchio frigorifero e convertirlo in compressore. Un compressore è molto utile per chi ha il piacere (o il dovere) di fare qualche lavoretto: dal modellista che utilizza l’aerografo, per gonfiare le ruote della macchina, verniciare a spruzzo, pulire spruzzando acqua o aria, gonfiare canotti, gommoni o pallincini, utilizzare utensili pneumatici (ad aria compressa),… insomma: di utilizzi ce ne sono parecchi.
Ormai se ne trovano in commercio anche a poco, ma hanno due svantaggi che li rendono davvero scomodi: il primo è l’ingombro, il secondo (e peggiore, per quanto mi riguarda) il rumore che fanno! Sono davvero molto fastidiosi, che in casa non è pensabile utilizzarli, se non in casi davvero eccezionali.
Se vogliamo un compressore silenzioso lo paghiamo diverse centinaia di euro e per impieghi non professionali è una spesa non giustificabile.
Vediamo allora come costruirne uno con pochissimi euro, utilizzando il compressore di un vecchio frigorifero. Il risultato è un compressore che non ha nulla da invidiare ai più costosi di tipo professionali. Quanto rumore fa? Lo stesso che fa il nostro frigorifero.

La teoria

Prima di passare alla realizzazione pratica, vediamo come funziona e come è composto un compressore d’aria.
Ho schematizzato nel disegno le parti che lo compongono col duplice scopo di descriverlo e utilizzarlo come progetto per la costruzione.

compressore
L’elemento principale è il motore, il compressore vero e proprio. Senza entrare in dettagli non utili ai fini della costruzione, si tratta di un motore con due tubi: uno da cui aspira aria e l’altro da cui la soffia. Al tubo di ingresso è solitamente applicato un filtro, per evitare che polvere o altro sporco entri nel motore. Il tubo di uscita pompa l’aria in un serbatoio. La valvola di non ritorno serve per evitare che dal serbatoio l’aria refluisca indietro e si svuoti o, peggio, danneggi il motore.
La valvola di sicurezza è una speciale valvola che si apre al superamento di una pressione limite. È molto importante utilizzarla per prevenire incidenti: l’aria ad alta pressione (Tipicamente si regola a 8 atmosfere) può fare danni davvero grossi ed è molto pericolosa! Va considerato che la pressione all’interno di un recipiente sale con l’aumentare della temperatura, quindi una valvola permette di tutelarci da aumenti di pressione anche in nostra assenza. Visto che costa meno di tre euro e si trova in un qualsiasi ferramenta, consiglio di acquistarla per prima, almeno siamo sicuri di utilizzarla fin dai primi esperimenti.
Il pressostato è un interruttore che viene controllato dalla pressione. La sua funzione è quella di regolare il funzionamento del compressore e garantirci di avere sempre aria compressa nel serbatoio. È un dispositivo che, quando sente una pressione maggiore di quella impostata, interrompe il circuito al motore, per riaccenderlo quando la pressione scende sotto un valore soglia.
Infine il riduttore di pressione in uscita serve per controllare la pressione disponibile all’attacco del compressore. Tramite questo riduttore si regola, esattamente come con il rubinetto dell’acqua, la forza e la velocità con cui esce l’aria dal serbatoio.
Il serbatoio è il contenitore che contiene l’aria compressa. Svolge la funzione di serbatoio e la sua capacità, che si misura in litri, indica l’autonomia, ma anche il tempo che dobbiamo aspettare per avere l’aria compressa a disposizione. Avere un serbatoio, anche piccolo, ci permette di avere un flusso d’aria più regolare. Il motore, pompando aria, soffia “a scatti” e questo può dar fastidio per alcuni impieghi (per esempio per l’aerografo). Se interponiamo un serbatoio tra il motore ed il rubinetto di uscita, sfruttiamo la sua capacità per eliminare gli sbalzi.

Un’alternativa.

A seconda dello scopo per cui ci serve il compressore, possiamo optare per un compressore “senza serbatoio”. Se per esempio vogliamo un compressore solo per gonfiare le gomme, possiamo realizzarlo in una versione minimale, che esclude (o riduce al minimo) il serbatoio.
Questa versione minimale è costituita da motore, valvola di sicurezza, valvola di non ritorno e rubinetto d’uscita. Ho parlato di serbatoio ridotto al minimo, perché la sua funzione la svolge comunque il tubo prima del rubinetto. In questo modo abbiamo comunque eliminato gli scatti dell’aria. La valvola di sicurezza continuerà a soffiare, ma le gomme le gonfiamo senza problemi. Spesa totale meno di 10 euro, tempo di realizzazione poco più di un’ora.

E adesso al lavoro!

compr_frigorifero

Dobbiamo individuare il frigorifero da cui recuperare il motore (ci sta già venendo voglia di cambiare il nostro?). In questo periodo in cui ci sono molti incentivi per l’efficienza energetica sono in molti a comprarlo, magari ci capita qualcuno che conosciamo. Il motore è una boccia nera (foto) visibile sul retro, in basso. Per recuperarlo dobbiamo svitare le quattro viti che lo tengono fisso sul fondo e segare i due tubi che portano alla serpentina. Con il Dremel è un lavoro di 5 minuti, a mano ci vuole un po’ di più.
Vanno poi tagliati i cavi elettrici (a spina staccata, ovviamente!)
Dobbiamo poi recuperare il serbatoio. Abbiamo molte alternative, in funzione del budget, del tempo e del fatto che ci serva o meno. Possiamo comprarne uno in un brico, utilizzare quello del compressore rumoroso che abbiamo comprato e non possiamo più utilizzare, utilizzare dei tubi dell’acqua, …

Materiale necessario:

  • 20 cm di tubo di gomma per aria compressa
  • 3 fascette stringi tubo
  • 2 raccordi a T
  • 1 raccordo per tubo di gomma/filetto 1/4 di pollice
  • 1 valvola di non ritorno
  • 1 valvola di sicurezza
  • 1 gruppo pressostato con riduttore di pressione (come parti di ricambio si trovano blocchi compatti)
  • 1 rubinetto d’uscita
  • Nastro di teflon

valvola_non_ritorno

Il filtro dell’aria l’ho costruito con uno spezzone 5cm di tubo di gomma. Gli ho praticato tantissimi fori sulle pareti. Tramite la fascetta l’ho assicurato al tubo di ingresso, ricoperto da un pezzo di tessuto.
Come individuare il tubo di ingresso e quello di uscita? Accendiamo per un attimo il motore e, avvicinando il dito, da uno sentiamo soffiare (uscita), dall’altro sentiamo aspirare (ingresso).
Al tubo di uscita, sempre tramite fascetta, attacchiamo il tubo in gomma. All’altra sua estremità il raccordo. Adesso assembliamo i pezzi secondo lo schema, ricordandoci parecchi giri di teflon su tutti i filetti.
Mancano i collegamenti elettrici. Ho fotografato la morsettiera del compressore del frigorifero per facilitare il lavoro. Quando era al suo posto nel frigorifero, al motore arrivavano due cavi: uno collegato alla spina e l’altro al termostato. Il termostato non è altro che un interruttore che, controllato dalla temperatura interna del frigorifero, apre o chiude il collegamento. Eliminando il termostato abbiamo due alternative:

  1. sostituire il collegamento che andava al termostato con un nuovo collegamento che va al pressostato
  2. utilizzare come collegamenti elettrici quelli del termostato, come riportato nella foto

compr_collegamenti

Rifiniture

Il lavoro è finito. Adesso possiamo migliorarlo, montando il tutto su un’assicella di legno a cui applichiamo 4 ruote.
Possiamo dotare il compressore di più di un rubinetto di uscita, magari dotando ciascuno di un riduttore di pressione.
La fantasia (e la necessità) ci possono suggerire molte altre varianti, ricordiamo sempre di prestare attenzione alla valvola di sicurezza: se modifichiamo lo schema, inserendo per esempio rubinetti o qualcosa che crea più zone, dotiamo ciascuna di una valvola. In questo modo siamo sicuri di non rischiare scoppi.

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Come utilizzare i pannelli solari https://www.ognigiorno.com/2009/03/23/come-utilizzare-i-pannelli-solari.html https://www.ognigiorno.com/2009/03/23/come-utilizzare-i-pannelli-solari.html#respond Mon, 23 Mar 2009 16:08:41 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=219 Read More »Come utilizzare i pannelli solari]]> Vorrei presentare alcuni calcoli utili per il dimensionamento di impianti fotovoltaici. L’idea è quella di invertire la solita logica con cui si effettuano i calcoli e partire dal pannello solare: vorrei aiutare nella risposta alla domanda “Cosa posso fare con un pannello solare da 5, 10, … Watt?”. Partendo dalla potenza del pannello arrivare quindi a capire se è ciò che fa per noi.

pannello

Ho preso in esame alcune dimensioni tipiche dei pannelli solari più piccoli, pensando a soluzioni di ridotte dimensioni, non ad un impianto domestico completo. Esempi possono essere impianti di illuminazione di giardino o terrazzo, impianto per le casette di legno del giardino, in box, un impianto mobile come un camper o un ambulante e tante altre applicazioni di dimensioni similari.
In base alle potenze in gioco si possono poi fare gli stessi ragionamenti, estendendo le grandezze.
I conteggi si riferiscono ad un impianto costituito da un pannello e una batteria.
Nella prima tabella possiamo vedere quanta energia sono in grado di accumulare in un giorno i differenti pannelli. Nelle due colonne più a destra viene indicata la potenza idealmente erogabile considerando il carico costantemente acceso per 24 ore nel primo caso o solo la notte (12h) nel secondo.

pann_sol_tab1

Quando il consumo del carico non è costante, dobbiamo fare i conti utilizzando come criterio l’uso tipico del carico (frequenza di utilizzo e potenza assorbita).
Consideriamo quindi in quanto tempo una batteria viene ricaricata (seconda tabella).

pann_sol_tab3

In base a questi tempi e alle potenze necessarie possiamo capire le dimensioni. I giorni di ricarica ci aiutano a capire “ogni quanto tempo posso scaricare la batteria”.

Per completezza mi sembra corretto inserire indicazioni su alcuni parametri più “pratici”: per ciascun pannello ho indicato dimensioni fisiche e prezzo. I valori sono ovviamente indicativi e rappresentano una media tra un negozio che ho vicino a casa e prezzi rilevati da Ebay.

pann_sol_tab2

Un paio di esempi per comprendere l’utilizzo delle tabelle:

  • Illuminazione notturna di un giardino. Ipotizziamo di avere delle lampade che consumano 21W complessivamente e vogliamo lasciarle accese per tutta la notte. Guardando la prima tabella identifichiamo il pannello ideale: 40W
  • Impianto elettrico del box, dove durante il fine settimana ci dilettiamo col fai-da-te (il mio caso…). Innanzi tutto vediamo se la batteria da 60Ah è sufficiente. Un utensile tipicamente consuma dai 300W ai 500W. Considerando 400 di media, 720/400 = 1.8. Significa che possiamo tenerlo acceso ininterrottamente per quasi 2 ore. Se è il nostro caso, la batteria è sufficiente. Direi di sì… A questo punto vediamo che 5 giorni di ricarica dei 20W sono l’ideale per noi.
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Come riparare un fanale spaccato https://www.ognigiorno.com/2009/03/16/come-riparare-un-fanale-spaccato.html https://www.ognigiorno.com/2009/03/16/come-riparare-un-fanale-spaccato.html#respond Mon, 16 Mar 2009 16:06:37 +0000 http://www.ognigiorno.com/?p=182 Read More »Come riparare un fanale spaccato]]> A chi non è capitato di trovare brutte sorprese parcheggiando la macchina in strada? O più semplicemente.. a chi non è capitato di trovarsi il fanale posteriore spaccato? Vi mostro la tecnica che ho usato io per ripararlo, ricostruendo con la vetroresina la parte distrutta. Ritengo utile apprendere questa tecnica, non solo pensando al fanale, ma più in generale per tutte le situazioni in cui dobbiamo costruire o ricostruire parti di plastica.
A fine del lavoro, la riparazione è praticamente invisibile e, grazie anche al colore ambrato della resina epossidica, risulta omogeneo con la plastica circostante.

fan_00_rotto

Con la resina epossidica si riesce a realizzare praticamente qualsiasi pezzo con varie tecniche: per colata, tramite stampo, con un calco o con la fibra di vetro (o altra fibra) lavorando per costruzione.
La riparazione che illustro in questo articolo consiste nella colata di resina per costruire una superficie liscia.

Attrezzatura necessaria:

  • Resina epossidica con catalizzatore
  • 1 Siringa
  • Bicchiere di plastica
  • Uno spezzone di tubo di gomma diametro 6 mm
  • Nastro adesivo
  • Guanti in lattice usa e getta
  • Un pezzo di PVC poco più grande della parte rotta. Si recupera ritagliando una bottiglia di acqua, sapone liquido o simili.

La resina si trova in colorificio. Il barattolo da 750ml costa 6 euro.
Il tubo in gomma si acquista in un brico, ne servono circa 10 cm. È possibile farne a meno, ma con qualche difficoltà in più.
Come nastro adesivo io ho utilizzato quello alto per pacchi.
I guanti si trovano in cucina…!
Il PVC serve per dare la forma incurvata alla superficie da ricostruire. Io ho utilizzato un blister trasparente, ex confezione di un giocattolo.

Al lavoro!
Per prima cosa si deve smontare il fanale, pulirlo bene dalla polvere e capire come si può smontare per raggiungere dall’interno la parte rotta. Nel mio caso non si riesce a smontare (la mia auto è una Fiat Stilo 1.9 JTD), quindi ho dovuto trovare una soluzione alternativa. Immagino che sia una situazione comune.
Ho individuato un punto in cui praticare un foro per effettuare la colata. Con il Dremel ho praticato il foro e inserito il tubicino.

fan_01_buco fan_02_buco

Il diametro del foro coincide col diametro esterno del tubo. Il diametro interno del tubo coincide col diametro esterno della parte terminale della siringa, così da potercela infilare senza perdite.

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Ho ritagliato il PVC sagomandolo in modo da coprire la parte rotta e l’ho fissato al fanale con il nastro adesivo. Va prestata molta attenzione per far aderire al meglio il pezzo di PVC. La resina infatti è liquida e tenda ad infilarsi in ogni fessura.

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Adesso la parte più problematica: un gioco di equilibrio per fissare il fanale in modo che la parte da riparare sia rivolta verso il basso.

La resina va preparata mescolando qualche goccia di catalizzatore secondo le dosi indicate sul barattolo. Questa è la fase in cui conviene indossare i guanti. La resina infatti è molto difficile da lavare, una volta indurita e quando non indurita è veramente appiccicosa e fastidiosa.

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Con la siringa si aspira la resina dal bicchierino e la si fa colare tramite il tubicino sulla zona da ricostruire.
Adesso ci vuole pazienza. La resina asciuga in circa mezz’ora, ma per un lavoro impeccabile, suggerisco di lasciare a riposo per una notte. Se lo strato da ricostruire è piuttosto spesso (maggiore di 5 mm), l’asciugatura richiede più tempo.
Io ho anche ricoperto il foro utilizzato per la colata. Non si può fare allo stesso modo, altrimenti la resina liquida ci cadrebbe dentro. Ho utilizzato la resina come colla per coprire il foro con una strisciolina di stoffa. Su questa ho poi fatto cadere alcune gocce di resina.
Passata la notte ho tolto il nastro adesivo e staccato il PVC. Il lavoro è praticamente invisibile. Un po’ di alcool e la colla del nastro adesivo marrone sparisce.

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