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Qui viene presentata l’architettura e descritto il funzionamento di massima. Da qui si può partire poi per la personalizzazione, in base ai desideri di ciascuno.
La mia scelta è stata quella di utilizzare un controllore abbastanza potente, da essere considerata davvero una soluzione universale. Comprato direttamente da microchip spendiamo meno di 3 auro, quindi non considero uno “spreco” quando la realizzazione ci porta a realizzazioni semplici.
Esempi di utilizzo sono i classici ed ormi inflazionati robot, antifurto, centraline di controllo, più o meno tutto, limitatamente alla nostra capacità e voglia di scrivere firmware e pensare a periferiche da collegare.
Lo schema di massima è visibile in figura e mostra una configurazione abbastanza utilizzabile: tastiera e display sono quasi onnipresenti nei nostri circuiti, quindi sono collegati e gestiti direttamente dal controllore. Le altre due porte del processore servono per la realizzazione del BUS e del canale di interrupt. In questo modo realizziamo un BUS multiprotocollo con la gestione di interrupt.
Multiprotocollo perché sono inserite le linee seriali e i2c, ma anche i restanti 4 pin che permettono uno scambio di 4 bit. Ogni connettore al BUS ha inoltre un collegamento ad un diverso pin della porta B che gestisce gli interrupt. In questo modo ogni scheda può prevedere un pin di segnalazione e il software sulla mainboard ne riconosce la segnalazione, in base alla posizione.
I problemi da affrontare
La scelta non è dettata esclusivamente dal linguaggio in termini di formalismo e sintattico (altrimenti immagino che tutti andrebbero sul BASIC senza troppi dubbi). Le problematiche da affrontare riguardano
– l’ottimizzazione del codice scritto in termini di risorse impiegate (memoria RAM, Program memory, tempi di esecuzione)
– il controllo diretto delle componenti a basso livello (registri, funzionalità speciali,…)
– il controllo diretto sui tempi di esecuzione necessario quando si lavora in real time
– la gestione della memoria
– la riusabilità del codice scritto e la sua portabilità su controllori differenti
– l’ergonomia nella scrittura del codice
Cosa fa un compilatore
“Il compilatore si occupa di tradurre in codice binario (o codice macchina) il programma scritto nel linguaggio che esso interpreta”. Questo è quello che macroscopicamente si associa al concetto di compilatore. In realtà un buon compilatore fa molto di più, soprattutto in relazione a quanto il linguaggio è “distante” dalla macchina. Si parla di generazione del linguaggio, pensando anche alla reale evoluzione storica che hanno avuto i linguaggi di programmazione
Spesso si può quindi parlare di assembler e codice macchina come se fossero sinonimi.
Si capisce che un linguaggio 3GL porta delle caratteristiche che complicano la traduzione in linguaggio macchina, in particolare, le strutture tipiche di un linguaggio di programmazione:
Siccome questi linguaggi hanno l’obiettivo principale di mascherare al programmatore la gestione delle risorse a basso livello (gestione RAM e program memory), è il compilatore che si occupa di automatizzare la traduzione.
Ragioniamo per esempio alle variabili. Quando scriviamo un programma in assembler utilizziamo genericamente indirizzi di memoria per apoggiare dei valori. Se non creiamo intrecci, possiamo utilizzare la stessa locazione per scopi differenti in rami diversi del programma. Per comodità ci costruiamo una “mappa” per cui ci è chiaro l’utilizzo di ogni porzione di memoria.
In C ci limitiamo a dichiarare una variabile sapendo quale è il suo scope (la sua visibilità). La gestione della memoria (scegliere quale locazione, decidere con chi può essere condivisa, da quale ramo di codice può essere scritta, ….) è tutte ad opera del compilatore.
Ogni compilatore implementa un suo preciso meccanismo per effettuare tutte queste operazioni. È proprio qui la differenza dei compilatori.
Proviamo a semplificare il lavoro di un compilatore:
Per tutte queste gestioni il codice macchina prodotto da un compilatore contiene molte più istruzioni di quelle strettamente necessarie per eseguire le operazioni a basso livello.
Questo è il motivo per cui genericamente si dice “l’assembler è più performante del C”. Ci si riferisce allo strato di funzionalità base che il compilatore introduce, l’overhead prodotto dal compilatore.
Questo è necessario perché un linguaggio 3GL si propone come linguaggio indipendente dalla macchina fisica su cui viene eseguito. Questa “indipendenza” si paga.
Dopo questa semplificata descrizione, riassumo alcune caratteristiche dei due linguaggi:
Linguaggio C
Assembler
Indipendentemente dal linguaggio, scrivendo firmware sui controllori è necessario avere la conoscenza del processore con cui stiamo lavorando. Per applicazioni più semplici e avendo a disposizione una buona libreria, con il C possiamo facilmente cavarcela anche senza conoscere i dettagli dell’hardware
La mia scelta
Innanzi tutto va tenuto conto che da hobbista utilizzo strumenti non professionali. Non ho intenzione di spendere migliaia di euro quando con un po’ di lavoro in più (si tratta sempre di passione) posso ottenere ottimi risultati gratis.
I miei strumenti sono MPLAB ed il compilatore Picc di HI-TECH versione freeware.
A meno di intervenire pesantemente su parametri di configurazione del compilatore, avere a disposizione compilatori con buona ottimizzazione e avere una conoscenza del compilatore più dispendiosa della conoscenza del processore, ci sono molte operazioni che non sono di fatto possibili in C.
Cito un esempio: le routine di trasmissione seriale. Scritte in C e compilate per i controllori PIC baseline funzionano senza problemi. Compilando lo stesso codice su controllori di fascia diversa, il compilatore cambia i criteri di ottimizzazione (che sono poi legati a effettive differenze hardware) e smettono di funzionare. C’è una spiegazione. Nella comunicazione seriale (bit banging) è richiesta una precisa gestione del tempo. L’overhead introdotto dal compilatore nel secondo caso è tale per cui sarebbe richiesta una ricalibrazione dei ritardi introdotti nel codice.
Abbiamo un’alternativa, la stessa scelta che è stata fatta nel mondo dei computer. Ormai a costi bassi possiamo trovare controllori sempre più potenti, che offrono come funzionalità base quasi tutto quello che serve, con memoria pressoché illimitata. Quindi per far lampeggiare un LED scriviamo un semplice programma in C e lo facciamo girare su un controllore 1 32bit dotato di porta USB, Ethernet, con 32k di program memory, 256k memoria RAM, gestione nativa del BUS I2C e SPI, 32 convertitori A/D, …
Forse è un po’ eccessivo? È comunque una possibilità. Con i computer hanno fatto così!
Io preferisco identificare il processore più adatto allo scopo e dimensionarlo correttamente, disegnare il circuito e dimensionare il tutto in base alle effettive esigenze.
Come linguaggio utilizzo insieme il C e l’assembler: ho costruito una buona libreria di funzioni base in assembler che utilizzo chiamandole da funzioni C. Solitamente il main lo scrivo in C, scrivo in C funzioni che non richiedono particolare ottimizzazione, uso le funzioni assembler e sto sempre attento alla percentuale di risorse utilizzate. Quando sforo, mi tocca sempre convertire in assembler alcune delle funzioni C.
Come si può vedere, ho utilizzato il PIC 16F84 come controllore del dispositivo. Questo controlla tramite BUS I2C le tre periferiche attive:
Al controllore è inoltre collegato il MAX232 che si occupa di adattare i livelli per la seriale del computer (converte da TTL del PIC a +/-12v utilizzati dal PC)
Firmware
Il codice che allego è scritto in jal, un linguaggio ormai non più mantenuto. È infatti mia intenzione riscrivere in C (utilizzo il compilatore picc di HI-TECH) tutto il codice.
Ritengo questo progetto interessante anche per la completezza delle periferiche: modificando il programma è possibile utilizzare i dispositivi per qualsiasi altro scopo per cui siano necessari un RTC, un rilevatore di temperatura, un display, la connessione seriale e la EEPROM.
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I collegamenti del display
(Fare comunque riferimento alla documentazione tecnica del produttore. Nel mio caso si tratta di Hitachi HD44780)
Pin Nome
1 Vss
2 Vdd
3 Contrasto (collegare a massa)
4 RS
5 RW (di solito a massa)
6 E
7 D0 (n.c. per interfacciamento a 4 bit)
8 D1 (n.c. per interfacciamento a 4 bit)
9 D2 (n.c. per interfacciamento a 4 bit)
10 D3 (n.c. per interfacciamento a 4 bit)
11 D4
12 D5
13 D6
14 D7
Dalla tabella vediamo che per utilizzare un collegamento a 4 bit dobbiamo utilizzare i 4 più significativi del display, il register Select (RS) e il pin Enable (E)
Protocollo di comunicazione
In caso di interfacciamento a 8 bit, i dati vanno inviati tutti in una volta
Inserire un ritardo di almeno 2ms tra ogni operazione
Inizializzazione del display
Appena acceso, il display, va inizializzato, inviando i comandi base. Primo fra tutti la selezione del modo di comunicazione a 4 o 8 bit.
La sequenza esatta è visibile dal codice sorgente scaricabile qui
Inviare caratteri al display
Dopo l’inizializzazione è possibile inviare i caratteri trasmettendo il loro valore ASCII.
Il display incrementa automaticamente la posizione, quindi non è necessario fare nulla tra un carattere ed il successivo
Il codice allegato
Il codice che allego l’ho testato con controllori PIC (!6f506, 16F84, 16F689 e 16F887), ma è utilizzabile con tutti i controllori che hanno almeno 6 piedini disponibili.
Purtroppo mi sono trovato in questa necessità e le routine fornite di esempio con il compilatore PICC di Hitech (il compilatore che utilizzo di solito) non sono riuscito a farle funzionare. Non so se perché errate, o se per colpa dell’ottimizzazione che nella versione freeware non è garantita.
Lavorando a basso livello è infatti avere la massima ottimizzazione.
Pazienza: dovendo lavorare con il 16F506 per il mio progetto, le ho dovute riscrivere. Il file i2c.h è scaricabile qui e contiene il codice che implementa le funzioni di base in linguaggio C.
Va notato l’utilizzo del registro TRIS. Essendo un registro in sola scrittura nel 16F506, per valorizzarlo ho utilizzato una variabile di appoggio in cui memorizzo il valore (m_TRIS). Con processori differenti è necessario modificare la gestione del registro. Per questo motivo nel file si trova nella parte iniziale e modificabile agendo sulle definizioni di SCL_IN, SCL_OUT, SDA_IN e SDA_OUT.
Ecco un esempio di come utilizzare la libreria:
i2c_init();
i2c_start();
i2c_tx(0xA2);
i2c_tx(0x02);
i2c_tx(0x00);
i2c_stop();
L’esempio riportato mostra come scrivere un valore nella EEPROM. La lettura avviene in modo analogo:
i2c_start();
i2c_tx(0xA2);
i2c_tx(0x02);
i2c_start();
i2c_tx(0xA3);
Putch (i2c_rx(1));
Putch (i2c_rx(1));
Putch (i2c_rx(0));
i2c_stop();
Questo codice invece legge dalla memoria e trasmette i valori letti sulla seriale utilizzando le librerie RS232 qui descritte
Con questa libreria è possibile quindi controllare tutti i dispositivi I2C (RTC, memorie EEPROM, …)
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Come tutti i dispositivi I2C, dobbiamo ragionare per locazioni di memoria: scriviamo o leggiamo valori da indirizzi precisi. Questo sensore di temperatura utilizza 4 locazioni differenti:
00h – contiene il valore della temperatura. Il valore è a 12 bit, quindi dobbiamo effettuare due letture
i2c_put_read_address(temp_addr + a)
i2c_get_data(tempMSB)
i2c_put_ack
i2c_get_data(tempLSB)
i2c_put_nack
i2c_put_stop
01h – registro di configurazione. Lo scriviamo con la configurazione desiderata (di seguito il dettaglio)
Gli altri due servono per controllare il termostato e hanno entrambi la stessa struttura a 12 bit del registro temperatura
02h – temperatura isteresi del termostato. Rappresenta la soglia di intervento. Il termostato è attivo al di sotto della temperatura impostata. Si disattiva al raggiungimento di tale valore per riattivarsi quando la temperatura scenda al di sotto del valore di isteresi.
03h – Valore della temperatura del termostato
Codifica della temperatura
Il valore della temperatura viene rappresentato in questo modo:
Questo significa che la parte intera la otteniamo dal primo byte che leggiamo. Il valore letto nel byte meno significativo va shiftato di 4 a destra e moltiplicato per 0.0625 per ottenere la parte decimale della temperatura. I bit sono effettivamente utilizzati in base alla risoluzione impostata. Di default la risoluzione è a 9 bit, quindi abbiamo letture valide solo per il primo bit (0.5?C)
Byte di configurazione (02h)
SD: quando portato a 1 il convertitore va in stand-by, restando in ascolto solo sul BUS I2C. A 0 (default) il dispositivo effettua continuamente rilevazione della temperatura
TM: seleziona il modo operativo del termostato. 0 funziona nella modalità descritta nell’esempio che ho fatto parlando di isteresi. A 1 il funzionamento è “a interrupt”, cioè partendo dal valore alto che indica la situazione normale, l’uscita viene abbassata ad ogni evento significativo (temperatura sopra la soglia o sotto l’isteresi). Il valore resta basso fino a che non viene effettuata una lettura I2C.
POL indica il significato di “attivo” dell’uscita. Se POL vale 1, attivo significa 1, altrimenti 0
F0-F1 indica il numero di letture da effettuare prima di considerare valido il cambio stato quando si opera in modalità interrupt.
R0-R1 indica la risoluzione del termometro
Indirizzi
Trattandosi di un dispositivo I2c, dobbiamo parlare di indirizzo. L’indirizzo è necessario per effettuare la comunicazione. Diversamente da quanto solitamente avviene per altri dispositivi (per esempio le EEPROM seriali) per il DS1775 l’indirizzo è unico e cablato nel processore, composto da due parti.
Va quindi prestata attenzione al momento dell’acquisto
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